Sanremo 2016

Come ogni anno non posso esimermi dallo scrivere su Sanremo, appuntamento fisso della nostra tradizione nazional popolare. Cominciamo col dire che è stato un successo, per lo meno in termini di ascolto. Carlo Conti ha saputo superare se stesso, proponendo un festival che alla fine non ha scontentato nessuno: vuoi per i momenti comici garantiti da Virginia Raffaele e, inconsapevolmente o meno, dalle gaffe di Gabriel Garko, vuoi per i cantanti con molti ex talent e alcuni veri big, vuoi per gli ospiti quanto mai vari e che hanno saputo regalare anche momenti di riflessione come nel caso dell’apprezzatissimo pianista Ezio Bosso.

Insomma, date le premesse è davvero difficile poter muovere qualche critica al secondo Sanremo dell’era Conti, pure la vittoria, del tutto inaspettata, degli Stadio si inserisce in questo clima di serena lievità, in quanto va a premiare un gruppo storico a discapito di tanti che si millantano big, ma che in realtà sono ancora meno che esordienti. Se c’è una cosa che va riconosciuta a Conti, è proprio quella di riuscire a glissare su tutto, evitando così polemiche, critiche e giudizi negativi. Da molti è stato indicato come il Baudo 2.0., ma mentre Baudo si imponeva nella conduzione dando una precisa linea artistica ai suoi festival, al contrario Conti procede per sottrazione, nel senso che c’è, ma pare limitarsi a fare il minimo indispensabile perché tutto proceda per il meglio, senza il benché minimo intoppo, più una spalla per gli ospiti che un conduttore nel senso etimologico del termine. In realtà, dietro a questa apparente leggerezza, si nasconde un totale controllo della situazione, proprio di chi si è a lungo preparato ed è, quindi, in grado di tenere saldamente in mano le redini del programma così che tutto vada come previsto da copione.

Gran parte del successo di questa sessantaseiesima edizione va, certamente, ricondotta al cast scelto per la conduzione. Tolta Madalina Ghenea, che ha riproposto il solito cliché della bella straniera messa lì per salire e scendere le scale indossando vestiti improponibili per i comuni mortali, abbiamo assistito alla creazione di una nuova figura televisiva “il supervalletto”, vale a dire l’equivalente al maschile della valletta sanremese all’ennesima potenza. Il povero, si fa per dire, Garko non ne ha imbroccata una: doveva leggere e non aveva gli occhiali, aveva gli occhiali e non riusciva a leggere, voleva conoscere gli ospiti internazionali e si limitava a recapitarne i fiori senza spiccicare parola, sbagliava e rideva..che dire: uno spasso. Mai quanto, però, le imitazioni di Virginia Raffaele, talmente brava da riuscire a condurre intere serate nei panni di altri personaggi: alcuni più riusciti, come Carla Fracci, altri già visti come Belen, da sempre suo cavallo di battaglia.

A dimostrazione di quanto il successo di questa edizione del festival sia anche sua, c’è stata l’ultima serata in cui non ha indossato altri panni se non quelli di se stessa, e qui lo spettacolo ha perso senz’altro un po’ di verve, restituendoci una Raffaele non distante per ruolo da quella della solita valletta; ma si sa, era la finale, la vera messa cantata del festival, che come tale non ammette distrazioni al di fuori della gara, quest’anno quanto mai aperta e incerta, un po’ come il campionato italiano di calcio, la cui partita clou si è svolta in contemporanea con la finale. Forse non un caso, perché calcio e Sanremo sono gli eventi più seguiti della televisione italiana.

Il cast di Madalina Ghenea, Gabriel Garko, Virginia Raffaele nei panni della Ferilli e Carlo Conti

Il cast di Sanremo 2016: Madalina Ghenea, Gabriel Garko, Virginia Raffaele nei panni di Sabrina Ferilli e Carlo Conti

Monte Bianco

Dopo Pechino Express sbarca su Raidue un nuovo adventure game: è Monte Bianco, il reality dedicato all’alpinismo condotto da Caterina Balivo. Produzione originale Rai (per una volta non un format straniero, e non è cosa da poco), il programma è sicuramente ambizioso: bellissima location (la Valle d’Aosta con le sue montagne), intento didattico (far conoscere l’alpinismo), prove difficili e impegnative (scalare una cima, seguire un percorso ferrato); quello che non convince è sicuramente il cast, monotono e poco interessante agli occhi del pubblico generalista. Fatta eccezione per Arisa, divertente e irritante al tempo stesso, non si scorgono personalità di spicco, capaci di emergere e, se necessario, dividere. Ci prova soltanto il giornalista Filippo Facci, con commenti che vorrebbero essere polemici, ma che alla fine risultano alquanto moderati. Per il resto, abbiamo i soliti sportivi (il calciatore Gianluca Zambrotta e il judoka Stefano Maniscalco), per forza di cose favoriti in tutte le prove atletiche, la solita straniera in cerca di visibilità, e i soliti attori desiderosi di rilanciarsi.

Nemmeno la conduzione di Caterina Balivo riesce a dare un guizzo allo show, apparendo più simile a una Marcuzzi (attentissima al look, ma fin troppo fedele esecutrice di un copione scritto da altri) che a un Costantino della Gherardesca, in grado di tenere da solo le redini di un talent grazie a sarcasmo e ironia.

Se, poi, aggiungiamo un montaggio lento e noioso, ecco che un programma ottimo sulla carta si dimostra nella realizzazione non all’altezza delle aspettative. Un vero peccato, considerato il valore anche metaforico di uno sport come l’alpinismo che è sì continua sfida al superamento dei propri limiti, ma anche fiducia incondizionata nell’altro, la guida, da cui tutto dipende nelle salite in cordata. Paradossalmente, sono proprio le guide alpine che affiancano i vip nelle prove a essere i veri protagonisti del reality, così come risulta molto più convincente nel condurre Simone Moro (unico alpinista ad aver scalato in inverno tre ottomila metri) con le sue spiegazioni e i suoi consigli ai concorrenti.

Giudizio: un’occasione mancata.

i concorrenti vestiti con i colori delle cordate

Il cast di Monte Bianco

Voyager, ai confini della conoscenza

il logo della trasmissione con la scritta e sullo sfondo l'immagine della TerraSi è conclusa con una puntata sui templari (e chi altri, se no..?) la ventisettesima serie (!) di Voyager. Star indiscussa del programma il conduttore Roberto Giacobbo che, abbandonati gli studi di registrazione, ha trovato una più congeniale collocazione come inviato sul campo. Cunicoli, grotte, passaggi ristretti per Giacobbo non hanno segreti: con indosso la sahariana d’ordinanza (che è un po’ come il cappello per Indiana Jones), sprezzante del pericolo e, soprattutto, dei suoi quasi due metri d’altezza, non proprio l’ideale per esplorare gli anfratti più oscuri, Giacobbo si è calato nei panni di un novello Virgilio, non prima di essersi procurato un permesso speciale. Eh sì, in quest’edizione pare che ci volessero permessi speciali per entrare ovunque, permessi prontamente procurati dai potenti mezzi della Rai, fino all’apoteosi della puntata finale, in cui il nostro conduttore è arrivato ad aprire direttamente con le chiavi le porte di un castello templare e a introdurvisi per mostrarlo a noi telespettatori neanche fosse un agente immobiliare qualunque.

Punto di forza dell’edizione 2015 è stata la geolocalizzazione, ogni puntata ha affrontato i misteri legati a un posto specifico: i Catari e Rennes le Chateau nella Francia del sud, i giganti e Atlantide in Sardegna, il Santo Graal e Cristoforo Colombo in Portogallo, ecc. Proprio l’espediente della geolocalizzazione ha reso possibile passare da un tema a un altro senza soluzione di continuità: inutile cercare un filo logico, semplicemente non c’è, non è nelle nostre umane capacità. Solo Giacobbo può, tanto da riuscire, nell’ordine, a trovare tracce del Graal in qualsiasi posto visitato, così come la presenza dei cavalieri templari, e che cosa dire di Atlantide? Stando a Voyager, si collocherebbe in mezzo mondo, che è un po’ come dire che non sta da nessuna parte. Il bello del programma è esattamente questo: chi lo guarda sa già che non troverà alcuna soluzione ai misteri, se non aggiungere confusione a domande insolute. In questo, Voyager è molto rassicurante: ovunque vada il conduttore, prima o poi, inizierà a parlare di Egizi, alieni, tesori nascosti, non prima, però, di essersi procurato un permesso speciale e di essersi calato in un cunicolo seguito dal fido cameraman, lui sì, sprezzante del pericolo.

Giudizio: se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.