Come ogni anno non posso esimermi dallo scrivere su Sanremo, appuntamento fisso della nostra tradizione nazional popolare. Cominciamo col dire che è stato un successo, per lo meno in termini di ascolto. Carlo Conti ha saputo superare se stesso, proponendo un festival che alla fine non ha scontentato nessuno: vuoi per i momenti comici garantiti da Virginia Raffaele e, inconsapevolmente o meno, dalle gaffe di Gabriel Garko, vuoi per i cantanti con molti ex talent e alcuni veri big, vuoi per gli ospiti quanto mai vari e che hanno saputo regalare anche momenti di riflessione come nel caso dell’apprezzatissimo pianista Ezio Bosso.
Insomma, date le premesse è davvero difficile poter muovere qualche critica al secondo Sanremo dell’era Conti, pure la vittoria, del tutto inaspettata, degli Stadio si inserisce in questo clima di serena lievità, in quanto va a premiare un gruppo storico a discapito di tanti che si millantano big, ma che in realtà sono ancora meno che esordienti. Se c’è una cosa che va riconosciuta a Conti, è proprio quella di riuscire a glissare su tutto, evitando così polemiche, critiche e giudizi negativi. Da molti è stato indicato come il Baudo 2.0., ma mentre Baudo si imponeva nella conduzione dando una precisa linea artistica ai suoi festival, al contrario Conti procede per sottrazione, nel senso che c’è, ma pare limitarsi a fare il minimo indispensabile perché tutto proceda per il meglio, senza il benché minimo intoppo, più una spalla per gli ospiti che un conduttore nel senso etimologico del termine. In realtà, dietro a questa apparente leggerezza, si nasconde un totale controllo della situazione, proprio di chi si è a lungo preparato ed è, quindi, in grado di tenere saldamente in mano le redini del programma così che tutto vada come previsto da copione.
Gran parte del successo di questa sessantaseiesima edizione va, certamente, ricondotta al cast scelto per la conduzione. Tolta Madalina Ghenea, che ha riproposto il solito cliché della bella straniera messa lì per salire e scendere le scale indossando vestiti improponibili per i comuni mortali, abbiamo assistito alla creazione di una nuova figura televisiva “il supervalletto”, vale a dire l’equivalente al maschile della valletta sanremese all’ennesima potenza. Il povero, si fa per dire, Garko non ne ha imbroccata una: doveva leggere e non aveva gli occhiali, aveva gli occhiali e non riusciva a leggere, voleva conoscere gli ospiti internazionali e si limitava a recapitarne i fiori senza spiccicare parola, sbagliava e rideva..che dire: uno spasso. Mai quanto, però, le imitazioni di Virginia Raffaele, talmente brava da riuscire a condurre intere serate nei panni di altri personaggi: alcuni più riusciti, come Carla Fracci, altri già visti come Belen, da sempre suo cavallo di battaglia.
A dimostrazione di quanto il successo di questa edizione del festival sia anche sua, c’è stata l’ultima serata in cui non ha indossato altri panni se non quelli di se stessa, e qui lo spettacolo ha perso senz’altro un po’ di verve, restituendoci una Raffaele non distante per ruolo da quella della solita valletta; ma si sa, era la finale, la vera messa cantata del festival, che come tale non ammette distrazioni al di fuori della gara, quest’anno quanto mai aperta e incerta, un po’ come il campionato italiano di calcio, la cui partita clou si è svolta in contemporanea con la finale. Forse non un caso, perché calcio e Sanremo sono gli eventi più seguiti della televisione italiana.