Musica, cinema e altro ancora..

Tanta musica e una puntata speciale di Che tempo che fa in versione “Anima mia anni Ottanta” nella settimana televisiva dall’8 al 14 giugno, senza dimenticare l’imprescindibile appuntamento con la consegna dei premi del David di Donatello.

Si è conclusa con una puntata speciale dedicata al trentennale della messa in onda di “Quelli della notte” la dodicesima edizione di Che tempo che fa. Ospiti in studio i protagonisti di quella fortunata stagione televisiva, Renzo Arbore e soci, hanno ricordato come nacquero personaggi e tormentoni. La trasmissione è stata soprattutto un pretesto per ricordare quegli anni: quale musica si ascoltava, come ci si vestiva, insomma, una sorta di Anima mia degli anni ottanta, di cui ci sarebbe tanto bisogno per mettere finalmente a fuoco un decennio ricordato solo come vuoto e superficiale, come ha ben sottolineato anche Fabio Fazio. Chissà, vedremo se gli autori coglieranno il suggerimento..

Ritorno alle origini per il David di Donatello. Dopo la scellerata conduzione di Paolo Ruffini dello scorso anno, il premio è ritornato saldamente nelle mani di Tullio Solenghi, ormai un habitué. Rispettoso del cerimoniale, ma sarcastico e pungente con gli ospiti (premiati e premiatori), il conduttore ha confermato di avere padronanza del non semplice palco e di sapere evitare brillantemente tempi morti e intoppi che in occasioni come queste sono inevitabili. Momento clou della serata il siparietto con Quentin Tarantino. Atteso già vent’anni fa per Pulp Fiction e nuovamente lo scorso anno per Django, il regista americano ha deciso di presentarsi a sorpresa per questa edizione: gli si poteva dire di no? A giudicare dai risultati, la lunga attesa non è stata vana. Simpatico e disponibile nel rispondere alle domande di rito, Tarantino si è poi prestato ad un semplice quanto divertente gioco: quali parte di un film affidare ad una serie di personaggi televisivi a lui sconosciuti che gli sono stati mostrati sullo schermo. Nell’ordine, le risposte sono state: Bruno Vespa “il boss dei boss”, Mara Venier “la moglie del boss”, Gigi Marzullo “il contabile della mafia”.

Molta musica nella settimana televisiva appena passata. Iniziata con l’evento su Italia uno di Radio Italia Live e conclusasi su Raiuno con “Con il cuore, nel nome di Francesco”. Cominciamo col dire che finalmente, dopo la pessima esperienza dei Wind Music Award in cui almeno la metà dei partecipanti è ricorsa al play back, qui almeno i cantanti si sono esibiti dal vivo con la differenza che nel primo caso hanno tenuto dei mini concerti (tre canzoni ognuno, di cui due attuali e una terza un successo famoso), mentre ad Assisi sono saliti più volte sul palcoscenico. Una scelta, questa, che ha allentato un po’ troppo il ritmo e fatto perdere le peculiarità di ciascuno; a discolpa di Raiuno, va però precisato che la finalità della serata era  benefica (sostenere le missioni francescane), mentre Radio Italia Live si è dimostrata più una versione riveduta e corretta del Festivalbar.

Leyton Orient

Dopo cantanti, ballerini e cuochi, ecco arrivare un talent dedicato ai calciatori: si chiama Leyton Orient e lo conduce Simona Ventura su Agon Channel. Sì, proprio la tv albanese, lanciata lo scorso anno in pompa magna e presto finita nel dimenticatoio. Peccato, perché il programma è pensato e scritto, originale e divertente. In palio c’è un posto nella rosa del Leyton Orient, squadra londinese di terza divisione, di proprietà, guarda caso, proprio di Francesco Becchetti, lo stesso della rete televisiva.

Nato con le migliori intenzioni, il talent ha esiti spesso comici, complici una Simona Ventura in grande spolvero e una compagnia di giro di tecnici e non, tra cui spiccano i così detti tre talent senior: gli ex calciatori Fulvio Collovati e Nicola Berti, e Matteo Materazzi (fratello del più famoso Marco).

Ogni puntata segue un preciso schema: si parte con un servizio sulle vicende dei nostri in quel di Londra, impegnati ora negli allenamenti sotto l’occhio vigile del preparatore atletico, ora in improbabili uscite cittadine. Segue lo scambio di battute con l’allenatore, Angelo Gregucci, che ci informa sui progressi della squadra e sulle potenzialità dei singoli. Poi si procede con l’elezione del top player, colui che sarà immune dalle nomination. Per farlo i calciatori si sfidano a coppie e a ruoli alterni: prima uno nel ruolo di attaccante e l’altro in quello di difensore e viceversa, in genere il top player è chi riesce a segnare un gol, impresa spesso ardua, o chi comunque si è distinto per la qualità delle azioni. Sul versante delle nomination, tocca ai concorrenti scegliere il primo nominato attraverso un meccanismo di reazione a catena mutuato dall’Isola dei famosi: a turno ognuno decide chi salvare, l’ultimo, colui che è rimasto fuori, è il nominato del gruppo.

Il momento clou del docu- talent è la partita in due tempi da circa sette minuti l’uno. Indipendentemente da chi siano gli avversari (e se ne sono visti di ogni, compresi studenti delle scuole superiori inglesi..), immancabile parte da studio la pantomima per cui gli italiani sono bravi a padroneggiare la tecnica e gli altri solo a correre; se, poi, gli sfidanti riescono minimamente a impensierire i nostri, ecco che la Ventura si trasforma in capo ultrà con tanto di tifo da stadio. Inutile dire che i peggiori vanno dritti in nomination.

In questo microcosmo calcistico, che è il Leyton, spiccano alcuni personaggi particolarmente degni di nota: l’inviato sul campo, Marcello Piazzano, preso di mira da tutti per il carattere non proprio accomodante (“le piazzate di Piazzano”), l’allenatore autorevole ma non autoritario, alle prese con un gruppo di calciatori a volte riottosi e a volte indolenti, e “il malmostoso”, il giocatore per definizione indisponente e odiato dal gruppo. Insomma, vizi e virtù del calcio nostrano ci sono tutti, ma sono affrontati con leggerezza, secondo lo spirito irriverente e ironico che ha caratterizzato le migliori annate dell’Isola dei famosi. Non a caso, le puntate migliori finora sono state quelle che hanno visto la conduttrice in trasferta a Londra: il ritmo ne ha guadagnato ed emersa l’anima da reality del programma.

Giudizio: non il solito talent.

La conduttrice Simona Ventura

La conduttrice Simona Ventura

Sanremo 2015

È stato un Sanremo all’insegna della medietà: medietà delle canzoni, né belle né brutte, medietà della conduzione, senza grandi polemiche e critiche. Un Sanremo senza infamia e senza lode e per questo in grado di piacere a tutti. Merito o, a seconda dei punti di vista, demerito di Carlo Conti, il conduttore per eccellenza della tv generalista. Come era prevedibile, Conti ha trasformato Sanremo in una sorta de I migliori anni. Ci sono stati Al Bano e Romina a ricordarci come eravamo, ci sono stati i siparietti con gli ospiti a cui è stato chiesto quale fosse il miglior festival della loro vita, c’è stata la serata revival con le cover interpretate dai cantanti in gara. Persino i comici quest’anno non hanno dato adito a recriminazioni (se si esclude l’infelice battuta di Siani sul bambino), anzi si sono dimostrati talmente innocui da risultare poco o niente divertenti.

E che cosa dire delle vallette? Messa da parte, o tacitata, qualsiasi forma di rivalità, che pure ci stava, sono state imbrigliate dalla conduzione contiana: presentazione dei cantanti con relativa lettura del gobbo, qualche banale battuta scritta dagli autori (questi sì tremendi), Emma e Arisa hanno svolto il loro compitino senza troppi sussulti. Non per nulla, i momenti più interessanti si sono rivelati quelli spontanei, fuori copione, in primis quelli offerti da Arisa, dotata di una naturale vis comica, purtroppo troppo trattenuta dallo stile “mediano” del programma.

Nemmeno la gara ha riservato sorprese: limitato lo strapotere dei ragazzi venuti dai talent, grazie al solo 40% dei voti assegnato al pubblico a casa, il podio non ha scontentato nessuno. Premiato Nek con il secondo posto e la canzone più orecchiabile, premiata Malika Ayane, terza, la più amata dalla critica e dal pubblico radical chic, premiati Il Volo, primi e dati per favoriti fin dall’inizio. Una vittoria, questa, perfetta espressione dello spirito generalista di questa sessantacinquesima edizione. Non a caso, i tre ragazzi sono nati artisticamente in un programma di Raiuno, e rappresentano la tradizione (lirica) adattata ai tempi moderni.

Giudizio: nazional popolare.

Carlo Conti con le tre vallette

Carlo Conti con le tre vallette: Arisa, Rocio, Emma