Voyager, ai confini della conoscenza

il logo della trasmissione con la scritta e sullo sfondo l'immagine della TerraSi è conclusa con una puntata sui templari (e chi altri, se no..?) la ventisettesima serie (!) di Voyager. Star indiscussa del programma il conduttore Roberto Giacobbo che, abbandonati gli studi di registrazione, ha trovato una più congeniale collocazione come inviato sul campo. Cunicoli, grotte, passaggi ristretti per Giacobbo non hanno segreti: con indosso la sahariana d’ordinanza (che è un po’ come il cappello per Indiana Jones), sprezzante del pericolo e, soprattutto, dei suoi quasi due metri d’altezza, non proprio l’ideale per esplorare gli anfratti più oscuri, Giacobbo si è calato nei panni di un novello Virgilio, non prima di essersi procurato un permesso speciale. Eh sì, in quest’edizione pare che ci volessero permessi speciali per entrare ovunque, permessi prontamente procurati dai potenti mezzi della Rai, fino all’apoteosi della puntata finale, in cui il nostro conduttore è arrivato ad aprire direttamente con le chiavi le porte di un castello templare e a introdurvisi per mostrarlo a noi telespettatori neanche fosse un agente immobiliare qualunque.

Punto di forza dell’edizione 2015 è stata la geolocalizzazione, ogni puntata ha affrontato i misteri legati a un posto specifico: i Catari e Rennes le Chateau nella Francia del sud, i giganti e Atlantide in Sardegna, il Santo Graal e Cristoforo Colombo in Portogallo, ecc. Proprio l’espediente della geolocalizzazione ha reso possibile passare da un tema a un altro senza soluzione di continuità: inutile cercare un filo logico, semplicemente non c’è, non è nelle nostre umane capacità. Solo Giacobbo può, tanto da riuscire, nell’ordine, a trovare tracce del Graal in qualsiasi posto visitato, così come la presenza dei cavalieri templari, e che cosa dire di Atlantide? Stando a Voyager, si collocherebbe in mezzo mondo, che è un po’ come dire che non sta da nessuna parte. Il bello del programma è esattamente questo: chi lo guarda sa già che non troverà alcuna soluzione ai misteri, se non aggiungere confusione a domande insolute. In questo, Voyager è molto rassicurante: ovunque vada il conduttore, prima o poi, inizierà a parlare di Egizi, alieni, tesori nascosti, non prima, però, di essersi procurato un permesso speciale e di essersi calato in un cunicolo seguito dal fido cameraman, lui sì, sprezzante del pericolo.

Giudizio: se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.